Pubblicato su politicadomani Num 85 - Novembre 2008

Basta bambini soldato
Riscriviamo il futuro

Occorre la scuola per combattere la guerra e disarmare i bambini

di Costantino Coros

“Mai più un kalashnikov imbracciato da un bambino, o granate o mine che mietono giovani vittime, ma più scuola e istruzione a tutti i minori che vivono in paesi in guerra”. È con questo messaggio che Save the Children ha rilancianto la campagna internazionale “Riscriviamo il Futuro”, avviata due anni fa in tutto il mondo con l’obiettivo di portare a scuola e dare un’educazione di qualità a 8 milioni di bambini e bambine che vivono in nazioni colpite o reduci da conflitti armati.
La gran parte delle guerre vede l’utilizzo di combattenti con meno di 18 anni. Si stima, secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto di Save the Children su “Bambini e armi. L’istruzione per combattere la guerra” che siano almeno 250mila i minori (di cui il 40% bambine) impiegati in 17 conflitti armati come soldati, spie, facchini, cuochi, “mogli” dei combattenti (nel caso delle ragazze) e arruolati in eserciti non governativi in almeno 24 nazioni e territori.
Bambini costretti a commettere violenza ma anche a subirla: negli anni scorsi, almeno 2 milioni di bambini sono morti uccisi dal fuoco delle armi leggere e 6 milioni sono stati feriti, resi disabili o hanno subito traumi psicologici, obbligati ad assistere a terribili atti ed episodi di abusi e violenze. Si è calcolato che sono circa 22 milioni i bambini profughi e sfollati a seguito di guerre, le cui conseguenze vanno oltre la fine delle ostilità: si stima che ogni anno siano tra 8.000 e 10.000 le giovani vittime di ordigni esplosivi, in particolare delle mine rimaste sul terreno.
Sotto il fuoco delle armi e la violenza delle guerre, collassa anche il sistema scolastico: insegnanti uccisi, scuole distrutte o trasformate in caserme, centinaia di migliaia di minori privati di un’istruzione. A titolo di esempio, spiega Save the Children, in Afghanistan solo la metà dei bambini tra i 7 e i 13 anni frequenta la scuola; in Nepal i maoisti hanno chiuso 1.000 scuole private e tra gennaio e agosto 2005 circa 200 insegnanti e 11.800 studenti sono stati rapiti, per essere indottrinati o arruolati nell’esercito ribelle. Nel Sud del Sudan ci sarebbe bisogno di almeno altre 6.000 classi per accogliere gli alunni e ben l’82% delle bambine in età scolare sono ancora escluse dall’istruzione. “La scuola è l’unica arma in grado di offrire a un bambino protezione, un senso di normalità e la prospettiva di un futuro migliore”, spiega Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. “È ormai dimostrato, per esempio, che ad un aumento dell’1% dell’istruzione femminile, corrisponde una crescita del Pil dello 0,37% e che una maggiore scolarizzazione femminile può contribuire a prevenire circa 700.000 contagi da Hiv all’anno. Purtroppo  però solo un numero esiguo di bambini in nazioni in crisi ha accesso all’istruzione mentre ha ampio e facile accesso alle armi leggere”. E più armi leggere ci sono, più ci saranno bambini soldato. Per questo Save the Children lancia un appello a tutto il mondo, affermando che è importante ridimensionare l’attuale impiego di risorse finanziarie per l’acquisto di armi e incrementare sensibilmente gli stanziamenti a favore dell’istruzione dei bambini in nazioni in conflitto, sia da parte dei governi di questi paesi, sia da parte dei paesi del G8, Italia compresa.
Le armi leggere rappresentano una fonte di guadagno per molte stati, primi fra tutti i paesi del G8. Questi ultimi, inclusa l’Italia, sono i maggiori esportatori di armi convenzionali e leggere nel mondo, con l’84% dell’export mondiale di armamenti. “È una questione di coerenza”, commenta Valerio Neri. “I paesi del G8 non possono dare aiuti in educazione impegnandosi solennemente a garantire questo diritto a tutti i bambini che ne sono esclusi, in particolare a quelli nei paesi in conflitto armato, e allo stesso tempo esportare armi leggere verso quei paesi. Se veramente abbiamo a cuore il futuro dei minori afflitti da guerre, comprese le migliaia di bambini-soldato, bisogna incrementare gli investimenti in educazione e contemporaneamente affrontare il nodo rappresentato dal commercio indiscriminato di armi leggere, riducendone la disponibilità e valutando con la massima attenzione e responsabilità l’impatto che esse hanno sullo sviluppo e sui diritti dei bambini”.

[Per saperne di più: www.savethechildren.it]

 

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